Io sono una ragazza anarchica e no-global. Odio la Coca Cola ed amo le tisane con le erbe di Olivone, al pubblico preferisco il privato, sgradisco il McDonald’s ed adoro le trattorie, non mangio le ananas ma le mele delle mie montagne, disprezzo gli abiti cinesi ed amo quelli prodotti nella mia terra, non tollero i minareti ed accetto i campanili, in giardino voglio scoiattoli e non bertucce, desidero un bambino bianco e non meticcio.
Il mio habitat naturale dovrebbero essere quindi i centri sociali, ma a causa del loro essere finti no-global mi sono riciclata con gli identitari. Se un individuo vuole essere davvero no-global deve esserlo fino in fondo, difendendo la propria biosfera dalle MERCI, dalle PERSONE e dalle DOTTRINE che vengono da un’altra parte del globo.
i primi a definirsi no-global erano gli attivisti che, nel 1999, durante la Conferenza Ministeriale della WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) a Seattle , hanno occupato le strade per protesta. A detta loro, il libero scambio economico tra paesi e continenti è un crimine perchè ammazza le piccole realtà proletarie locali. Questi giovani ragazzi, eredi del’68 e profondamente filantropi, si sono riversati in piazza per protestare contro alle brutture ed alle ingiustizie causate dalla globalizzazione e dal mondialismo.
A dar loro una base salda a cui aggrapparsi è stata Naomi Klein, non ancora trentenne, ma già autrice del best-seller No-Logo. Questo saggio-manifesto denuncia i grandi marchi occidentali che sfruttano la manodopera dei paesi più poveri a vantaggio dei grandi imprenditori e propone un’economia più ecocompatibile e meno centralista.
Essere no-global, riprendendo le parole di uno dei suoi maggiori esponenti, significa volere che ogni cosa, ogni persona ed ogni religione se ne stia dalla sua parte di globo. Il volere rispettare la natura e non opporsi in modo artificiale agli equilibri della Biosfera locale vuol dire anche, giustamente, pretendere che non avvengano le migrazioni di massa. È politicamente scorretto da dire, ma un uomo di colore nero non fa parte della biosfera naturale della Svizzera o della Svezia. Analogamente, anche un minareto non si confà al territorio del Tirolo, in quanto esso è un simbolo di un culto appartenente ad un’altra parte del globo.
Noam Chomsky, anarchico libertario anti-centralista le cui teorie ricalcano il pensiero di Thomas Jefferson è celebre nel mondo no-global, ma ha una posizione ambigua. Se da una parte riconosce l’importanza del pensare locale e promuove una politica anti-centralista e protetta da confini, al contempo sulla questione dell’immigrazione di massa non si pronuncia. La discrasia tra le due cose è evidente: l’idea di abolire lo Stato in virtù di una micro-democrazia diretta dei singoli comuni non può sussistere dal momento in cui vengono aboliti i confini giuridici tra le diverse entità che pretendono di autodeterminarsi. Netti confini tra le micro-realtà anarchiche – o gli stati, in attesa di essere tali – sono necessari affinchè il concetto stesso di “Abolizione di un governo centrale” sia coerente. Là dove vengono a mancare dazi, dogane e muraglie si instaura un liberismo economico che andrà, sillogisticamente, a sostenere multinazionali estere e a rafforzare altri governi centrali.
Concludo con una breve citazione, invitando il lettore ad indovinare chi l’ha detta:
“Ogni giorno dalle nostre campagne (e dalle città) ci opponiamo alla logica del capitale che distrugge i territori per il profitto di pochi e a danno delle comunità, impegnandoci a costruire pratiche e iniziative di controinformazione per affermare il diritto all’autodeterminazione alimentare, per la difesa dei beni comuni, per l’accesso alla terra, contro la vendita dei terreni agricoli pubblici, per il diritto ad abitare le terre che coltiviamo, per un lavoro che non sia sfruttamento.”
Un editto del genere, fortemente identitario e no-global, sarebbe potuto tranquillamente essere arringato dal Duce stesso durante le sue campagne elettorali. In realtà è un copia-incolla tratto dal sito di antagonisti sinistroidi ed anarcoidi “radiondadurto”. Un anarchico VERO , che disprezza lo stato, di fronte ad un testo del genere apprezzerebbe l’idea dell’autarchia, ma inorridirebbe di fronte alle posizioni politiche: opporsi alla vendita dei terreni pubblici –negando la loro privatizzazione- vuol dire accettare che restino nelle mani dello Stato.
Un editto del genere, fortemente identitario e no-global, sarebbe potuto tranquillamente essere arringato dal Duce stesso durante le sue campagne elettorali. In realtà è un copia-incolla tratto dal sito di antagonisti sinistroidi ed anarcoidi “radiondadurto”. Un anarchico VERO , che disprezza lo stato, di fronte ad un testo del genere apprezzerebbe l’idea dell’autarchia, ma inorridirebbe di fronte alle posizioni politiche: opporsi alla vendita dei terreni pubblici –negando la loro privatizzazione- vuol dire accettare che restino nelle mani dello Stato.
Ora, dopo aver denunciato l’ipocrisia di quei sovversivi e degli “anarchici” che accettano l’essere no-global solo in parte, spero di aver chiarito perchè io penso che gli anarchici ed i no-global debbano militare con gli identitari, i tradizionalisti ed i reazionari di vario tipo.
La lotta per l’autarchia, sinonimo di protezionismo ed identità, deve farsi sempre più forte per abbattere quel mostro che è l’Unione Europea e che col TTIP minaccia sempre più quel poco di democrazia che ci rimane.
La lotta per l’autarchia, sinonimo di protezionismo ed identità, deve farsi sempre più forte per abbattere quel mostro che è l’Unione Europea e che col TTIP minaccia sempre più quel poco di democrazia che ci rimane.
Chi si dice no-global e vuole essere coerente, deve darsi una svegliata e separarsi definitivamente da chi ha una visione statalista-comunista-internazionalista-europeista-globalista-centralista. Quindi, cari compagni anarchici, ci rivedremo sabato alla manifestazione in memoria dei martiri delle Foibe.
A braccetto con CasaPound.
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