Già nella Lettera ai Corinti l’apostolo Paolo si rese conto che la compagnia di una donna non esoneri gli uomini dal farsi portavoce della lieta novella del Signore, benchè comunque la sconsigliasse.
I primi preti infatti potevano sposarsi, ma fu il Papa Gregorio VII, tra il 1073 e il 1085, a vietar loro il matrimonio. Troppo spesso accadeva che i sacerdoti lasciassero in eredità i loro beni clericali ai figli, rischiando così di impoverire tutta l’istituzione della Chiesa. Quindi il celibato dei preti è stato imposto più per una questione d’amministrazione strategica che religiosa.
Non a caso, Don Antonio Sciortino, in un articolo apparso su Famiglia Cristiana, scrisse che “Nella Chiesa occidentale il celibato si è affermato più per ragioni pastorali o di opportunità, che per ragioni teologiche e dottrinali.”
Insomma, quando il prete riceve il sacerdozio fa’semplicemente la promessa di non sposarsi – essendo già “ Sposato con Cristo”- ma non per questo è tenuto a reprimere gli istinti d’amore più naturali e spontanei del creato.
Il prete svolge una carica pubblica all’interno dell’apparato clericale, quindi la sua vita privata- nel limite della decenza- non interferisce con la sua vocazione. Infatti i sacerdoti fanno promessa di obbedienza al vescovo ed al celibato, ma non sono tenuti a far voto di castità. I frati e le suore, invece, vivono in comunità, seguono lo stile di vita caratteristico del loro ordine ( canossiani, francescani, benedettini, domenicani...) e devono emettere i voti di castità,povertà ed obbedienza.
Attualmente molti sacerdoti sono rattristati dal fatto che lo svolgere il loro incarico li privi della felicità di diventare papà. Quest’estate l’'associazione dei sacerdoti lavoratori sposati ha rilanciat
o le tesi di Juan José Tamayo, Docente presso l’Università Carlos III di Madrid, in cui sono esposti le ragioni che sostengono la compatibilità tra il sacro uffizio ed il matrimonio. Non è da escludere che in futuro, vista la carenza di vocazioni, la chiesa possa togliere ai sacerdoti l’obbligo di celibato.
In conclusione, si può quindi affermare che si, potenzialmente un prete può andare con le prostitute. In certi casi sono proprio i superiori a dire ai giovani preti di farlo, in quanto è meglio sperperare il proprio piacere con estranee piuttosto che rischiare di innamorarsi di una sola donna e voler poi lasciare la propria carica per sposarsi.
Essendo l’atto amoroso qualcosa di perfettamente naturale una repressione totale risulta pressocchè impossibile anche per i preti più allenati. Pur senza addentrarsi nella teologia di Abelardo non è difficile comprendere quanto già il semplice acconsentire alle proprie inclinazioni sia un motivo di forte senso di colpa.
Quindi, benchè abbiano il diritto di andare con le prostitute, per una semplice questione di coerenza ed astinenza dal peccato tendono naturalmente ad evitarle.
Una sessualità contenuta, serena, e condivisa con donne verso cui si nutre affetto può per il sacerdote non solo essere un semplice sfogo carnale, ma può anche diventare una prezioso strumento con cui compiere una ricerca spirituale e mistica dell’estasi tramite il principale degli insegnamenti di Cristo, ossia l’Amore.
L'atto sessuale , banalizzato da molti come semplice scambio di fluidi e di piacere, comprende un universo fatto di intrecci di relazioni umane, amicizia, sentimenti, passioni, dolori e sacrifici che, se gestiti con consapevolezza, gentilezza e devozione, possono render sacro ciò che superficialmente par essere peccato.
Liliane Tami <3
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