Diamo retta all’anarchico Robert Poulet: cessiamo, una volta per tutte, di sguazzare nell’illusione che la gioventù sia la parte più bella della vita. Durante la giovinezza l’individuo non è in grado di controllarsi ed è in balìa delle emozioni, schiavo delle passioni e della superbia. Solo con l’età adulta, dopo aver imparato a combattere i propri vizi e le pulsioni morbose, potrà dirsi finalmente libero. Dal sapore deliziosamente Kantiano, il saggio “Contro la gioventù” è un elogio all’autocontrollo ed allo “sforzo per diventare adulti” come strumenti per la realizzazione di sé.
Poulet, nato a Liegi nel 1893, imparò dai gesuiti l’arte dell’autocritica, e poi, come combattente durante la prima guerra mondiale – prima di dedicarsi al cinema – imparò l’importanza della lotta. Nel suo libro questi elementi – uno passivo, d’indagine di se stessi e l’altro attivo, di azione nel mondo – conducono ad una tesi che non si confà per nulla alla nostra società. In un’Italia imbambolata da Renzi, presa a calci dagli stipendi dei calciatori ventenni ed acciecata dai seni di modelle e cantanti poco più che minorenni sostenere che i giovani siano una vile masnada di lemmings può apparire anacronistico. Invece è più attuale di sempre: mai come oggi la gente si rincitrullisce con le selfies – vetrine in sui esporre la propria carne o le proprie prodezze – e con le vanterie più trash(scusate il neologismo) che ci si potrebbe immaginare.
Oggigiorno, agli albori dell’era cibernetica – ancor più che nel 1934, anno in cui uscì quest’opera illuminante – è necessario parlare di antigiovanilismo. Come afferma Poulet, l’infante e l’adolescente sono succubi dei loro vizi e capricci, e perdipiù non possiedono la capacità di discernere il giusto dall’edonismo. Spesso, nel caso degli idealisti più illusi ed ingenui, la filantropia muta in uno sperpero d’amore verso ai parassiti più immeritevoli che mira solamente a rafforzare l’immagine di “personaggio” che il giovane vuol intepretare. Perchè , come afferma l’arguto pensatore, i giovani , oltre che ingenui e superbi, sono sempre impegnati ad imitare modelli fittizi e a giocare ruoli che non appartengono loro. Istrionici e vanagloriosi ” gli efebi e le pulzelle”, i cui difetti – narcismo, mancanza di pudore, incontinenza, ubriachezza, lussuria ed eccessi – sono elogiati da MTV o in Facebook come se fossero dei modelli da ammirare o invidiare. Ciò che una volta era vizio, ora è lodato dalle masse come virtù.
Questo bellissimo libro rivoluzionario non è però una becera critica all’età della spensieratezza: È, anzi, un trarne elogio in quanto è proprio essa che permette di compiere lo sforzo del diventare adulti. L’uomo, riuscendo ad arginare gli egoismi e a distaccarsi dalla frenesia di stare continuamente al centro dell’attenzione – atteggiamento caratteristico dei bambini – può finalmente dirsi vittorioso. Si, perchè riuscire finalmente a dominare i propri impulsi più bassi ed adoperare la forza per seguire ciò che vienre ritenuto giusto la ragione , e non ciò che il sentimento o la voluttà indicano essere il bene, è una battaglia durissima. E, per citare Léon Degrelle in Militia, “ non vi è vincita senza fatica”.
Presso tutte le società, eccetto la nostra occidentale, i giovani sono visti con disprezzo proprio per via della difficoltà che mostrano nel discernere l’amore dalla passione ed il capriccio dalla necessità. La nostra epoca , sfregiata dal lassismo famigliare, sta degenerando all’eccesso. I genitori anzichè educare i figli con una sana sberla, com’è esortato nella Bibbia, non fanno che viziarli ed acconsentire ad ogni loro piagnucolìo, rendendoli ancora più deboli. Ciò è causa del decadimento dell’intera società, anche sul piano economico e politico, perchè l’individuo, sentendosi oggetto d’amore incondizionato a prescindere dalla sue azioni, non impara il significato di “meritocrazia”. Un bambino deve sapere che non è vero che i genitori lo amano a priori solo perchè è uscito dalle loro gonadi. Se un giovane si comporta da pezzente, si droga, non lavora, può benissimo venir abbandonato. Ed è giusto così. Neanche l’amore materno deve essere presunto come gratuito, cosa che invece oggi è data per scontata.
I nonni non possono pretendere di vedersi curare da giovani che fin da piccoli hanno educato a credere di essere speciali, unici ed al centro del mondo. È evidente che il rapporto educativo che una coppia di genitori ha nei confronti di un un paio di bambini – trattati a guisa di divinità imberbi sulla terra – è ben diverso da quello di una famiglia che conta una decina di figli. Se una volta i genitori erano troppo staccati dai bambini, attualmente, come è ben spiegato nel capitolo “Gioventù d’oggi” vi è l’opposta tendenza ad elogiarli allo stremo e far tutto per loro. Senza nulla in cambio. L’idea che i genitori debbano amore incondizionato nei confronti dei bambini è una credenza fallace dell’era postmoderna, che si sposa bene con l’idea capitalista del comprare sempre più merce inutile.
Dalle pagine di Robert Poulet si riesce ad intendere che l’Anarchia , ossia la capacità di auregolarsi ponendosi da soli i propri limiti, scegliendo individualmente di sottostare all’imperativo categorico Kantiano, può aver luogo solo nell’individuo adulto che ha già compiuto lo sforzo di maturare. La dimostrazione che l’indisciplinato acconsentire ad ogni vizio e capriccio è causa di abberranti comportamenti, nota Poulet, ci è data dal metodo pedagogico del filosofo americano Dewey: i bambini da lui allevati, alle quali non veniva imposta la minima regola , “affinchè le costrizioni non intacchino la loro personalità” si ritrovavano a razzolare e a comportarsi come galline in un pollaio e nell’età adulta non riuscivano a liberarsi da questo stato di minorità caratteriale data loro dall’indisciplina.
Vedendo oggi quei ragazzi, imbruttiti ed inselvatichiti da un’educazione troppo permissiva non resta che chiedersi se, forse, il 1968 con le sue presunte “libertà” non sia invece stato l’anno della condanna della nostra razza. Il precetto biblico “Onora il padre e la madre” ha la funzione, a lungo termine, di salvare antropologicamente una civiltà. Il testo sopracitato , che già settant’anni fa guardava con diffidenza all’elogio massmediatico della gioventù, affermando che una una cultura “pubocentrica” avrebbe avuto come conseguenza l’indebolimento della civiltà occidentale, oggi risulta essere stato profetico.
Forse, l’Isis sta diventando così forte proprio perchè offre ai giovani una cosa che noi abbiamo smarrito: valori forti, tradizioni, principi, rispetto degli anziani e regole salde a cui aggrapparsi.
Poi, una volta che queste forme saranno diventate il contenuto dell’individuo, si potrà essere veramente anarchici, individualisti e liberi. Non dovere più niente a nessuno. E trovare nella compostezza dell’anziano molta più gioia che nel caos dell’infante.
Liliane Tami
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